mercoledì 23 novembre 2016

Gragnano: la Valle dei Mulini è controllata, ora si sversa sul Faito

faito-inquinamento-settembre-2016-minLa polizia municipale di Castellammare di Stabia ha colto in flagranza alcuni soggetti intenti a sversare rifiuti lungo i tornanti che conducono a Monte Faito. Due tir carichi di materiale di risulta edile e tessile sono stati fermati dagli agenti stabiesi, e a quanto pare gli sversamenti sarebbero stati commissionati da due aziende con sede a Gragnano.
Quella degli sversamenti abusivi di rifiuti sembra una storia senza una fine, un tiro alla fune tra inquinatori seriali, forze dell’ordine e cittadini stanchi di vedere intere aree devastate. Numerose inchieste hanno dimostrato che quello dell’inquinamento è un fenomeno diffuso in tutta Italia: agli interramenti di rifiuti tossico-nocivi della cosiddetta “Terra dei fuochi” in Campania, si affiancano i tanti casi simili scoperti anche in nord Italia, da Brescia a Novara. Dalla Sicilia al Piemonte la storia non cambia, cave abbandonate usate come tombe per seppellire scorie nucleari, scarti farmaceutici e solventi chimici sputati via dalle multinazionali di ogni parte del mondo.
Quando le holding dell’inquinamento made in Italy – costituite da imprenditori, politici, manager, contadini, massoni e anche da mafiosi – non hanno trovato più spazio in Italia hanno pensato bene di riempire intere navi di rifiuti per farle affondare a largo delle coste del corno d’Africa o nei tratti di mare internazionale. Sono storie che gli inquirenti conoscono già dagli anni 80’. Stiamo parlando dei grandi inquinamenti che hanno devastato l’ambiente ed ucciso migliaia di persone a causa di malattie incurabili. Questi casi appena citati, apparentemente lontani, possono essere paragonati all’inquinamento del versante nord dei Monti Lattari?
Non possiamo dare una risposta univoca, e diretta, a tale domanda. La prima risposta è “No” (per fortuna) perché, salvo clamorose e spaventose scoperte, non ci sarebbero mai stati, nei nostri territori, sversamenti o interramenti di sostanze di matrice radioattiva o altamente tossica (mentre tali scoperte sono state fatte purtroppo in zone vicine come il parco del Vesuvio); La seconda risposta è “Si” perché, purtroppo, l’approccio è lo stesso e le conseguenze simili: ci sono interi gruppi di persone, soprattutto aziende abusive del settore edile e tessile (ma anche gommisti, “ferrovecchio” e finte ditte per lo smaltimento di amianto) che da cinquant’anni circa, senza soluzione di continuità, scaricano di tutto lungo la Valle dei Mulini di Gragnano, nell’alveo del torrente Vernotico, nei boschi di Quisisana, lungo la strada che conduce a Faito e in generale in tutti i luoghi montani carrabili e quindi raggiungibili da furgoncini, o addirittura tir.
E’ stato sversato di tutto, anche amianto, tanto amianto, molto ormai nascosto dalla vegetazione. Lo sanno bene gli abitanti delle frazioni a monte di Gragnano (Aurano, Caprile, Castello) che negli ultimi anni hanno assistito all’aumentare, per molti senza spiegazione, delle malattie tumorali. I più vecchi però, a bassa voce, ricordano quando fino a vent’anni fa lunghe file di camion andavano a scaricare materiale di ogni tipo nei valloni tra Aurano e Castello.
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(Amianto presso la Valle dei Mulini)
Non è la prima volta, negli ultimi mesi, che vengono colti in flagranza dei soggetti, provenienti proprio da Gragnano, mentre sversano rifiuti nella zona tra Quisisana e le pendici del monte Faito. Il 5 ottobre scorso nella zona dei boschi di Quisisana furono scoperti due individui scaricare tra i boschi scarti edili, cuoio e pelli per conto di due aziende di Gragnano.
Sembrerebbe solo un caso il fatto che nel giro di così poco tempo lo stesso fenomeno si sia ripetuto con le stesse modalità e con soggetti provenienti dallo stesso comune. La prima ipotesi che si può avanzare è che il luogo da sempre “preferito” dagli inquinatori seriali gragnanesi e dei comuni limitrofi, ovvero la Valle dei Mulini, caratterizzata per essere facile da percorrere con qualsiasi tipo di mezzo, ormai è controllata dalle telecamere e presidiata dai sopralluoghi frequenti dei cittadini. E’ diventato molto più rischioso sversare in Valle dei Mulini, e gli inquinatori “organizzati” lo evitano per non essere visti dai numerosi cittadini che popolano la Valle in ogni ora del giorno. Non si può dire lo stesso per gli inquinatori “comuni”, parliamo del solito individuo di turno che di ritorno dalla tradizionale bevuta d’acqua presso la sorgente della “Forma” ne approfitta ancora per gettare rifiuti o addirittura un impianto audio guasto, proprio come successo pochi giorni fa presso il mulino “Porta di Castello di sopra”.
Un tempo però era la Valle l’opzione B degli stabiesi rispetto a Faito, ora è diventato il contrario, i gragnanesi sversano a Castellammare. Famoso, ahinoi, è la vicenda di quel gran pezzo di m…inquinatore seriale che fu scoperto dai vigili urbani di Castellammare mentre stava sversando bustoni pieni di amianto nei boschi di Quisisana. L’uomo accortosi di essere stato scoperto riuscì a scappare, portarsi con se gran parte dell’amianto e scaricarlo poi nella Valle dei Mulini, dove una parte è ancora depositata sebbene siano state fatte denunce e addirittura interpellanze parlamentari da senatori della Repubblica(vedi foto sopra).
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(Valle dei Mulini novembre 2016)
Si assiste dunque a due fenomeni collegati, che si intrecciano, e dimostrano che il tiro alla fune tra la cittadinanza e gli inquinatori seriali fa vincere i primi da una parte ma li fa perdere dall’altra. Si risolve il problema in un’area ma non si debellano le cause (sociali, economiche e culturali)  che spingono le persone a sversare rifiuti nei corsi d’acqua e nei sentieri di montagna di altre zone rispetto alla loro area di provenienza. Da una parte c’è la prepotenza atavica che culturalmente caratterizza una fetta della popolazione, dall’altra c’è la necessità illegale delle tante aziende abusive presenti sul territorio che non hanno altra possibilità – non potendo smaltire i rifiuti regolarmente – se non quella di scaricare i materiali di risulta in luoghi di interesse ambientale. Il tutto avviene nel cuore del parco regionale dei monti Lattari (stesso discorso vale per le aziende non abusive ma che sversano per risparmiare sulle spese di smaltimento).
Eppure oggi questo “gioco” di morte non dovrebbe più valere la candela, soprattutto dopo l’introduzione di più severi reati ambientali nel codice penale, con la legge 68 del 2015, che hanno inasprito la reazione del nostro ordinamento dinanzi a tali comportamenti anacronistici ed intollerabili. Occorre solo capire se anche la polizia municipale, e le forze dell’ordine in generale, oltre ad impegnarsi, positivamente, nel contrasto a tali fenomeni siano ben consapevoli delle nuove norme – e anche delle vecchie– che disciplinano la materia dell’abbandono di rifiuti, prevedendo oltre alle ammende pecuniarie e all’arresto, (pene tipiche della più “leggera” disciplina previgente) anche la possibilità della reclusione e di multe salatissime con il nuovo reato “delittuoso” di inquinamento ambientale previsto dall’art 452 bis, il quale tra l’altro prevede che: “quando l’inquinamento è prodotto in un’area naturale protetta o sottoposta a vincolo paesaggistico, ambientale, storico, artistico, architettonico o archeologico, ovvero in danno di specie animali o vegetali protette, la pena è aumentata”. E se ben ricordiamo l’area in questione è sottoposta ai vincoli e alla protezione dell’ente parco regionale dei Monti Lattari.
Nemmeno la “occasionalità” dello sversamento dovrebbe poter difendere gli inquinatori dei monti Lattari (pur ribadendo che secondo noi “occasionali” non lo sono affatto) dall’applicazione delle severe disposizioni del codice dell’ambiente o addirittura, ora, del codice penale. Secondo la Corte di Cassazione (sent. 48015 del 2014) anche l’unico trasporto occasionale di rifiuti non autorizzato contempla la configurazione del reato previsto dall’art. 256 del d.lgs. 152 del 2006 (il cd. codice dell’ambiente): “Tale reato, infatti ha natura di reato istantaneo e solo eventualmente abituale, in quanto si perfeziona nel momento in cui si realizza la singola condotta tipica, senza che sia necessaria un’attività svolta con i requisiti della continuatività e stabilità di sorta”.
Ciò premesso, precisando che occorre complimentarsi con il lavoro dei vigili urbani locali, i quali, finalmente (forse…), stanno apprendendo le loro competenze in ambito ambientale, la domanda da farsi è la seguente: siamo sicuri che alla luce del nuovo approccio del nostro ordinamento, che mette a disposizione strumenti molto più severi ed adeguati alle conseguenze provocate dalle azioni inquinanti, le forze dell’ordine non stiano ancora usando il guanto di velluto, invece del pugno di ferro, per punire chi sta distruggendo il nostro territorio, la nostra salute ed il nostro futuro?

tratto da: http://www.ilgazzettinovesuviano.com/2016/11/22/gragnano-la-valle-dei-mulini-controllata-ora-si-sversa-faito/ 
Carmine Iovine

domenica 21 febbraio 2016

Camorra: droga per tutti e clan senza capi

Domenica 21 Febbraio 2016,
tratto da "Il Mattino.it" di Isaia Sales
"Ricapitoliamo. Le bande di camorra che si stanno combattendo a Napoli a colpi di cadaveri lo fanno per contendersi un mercato, quello della droga, che vale almeno 100 milioni di euro all’anno nella sola area metropolitana. Le armi usate vengono dall’Est Europa, mentre la droga proviene dall’America latina e dall’Africa via Spagna, e sono numerose: in un solo anno sono state sequestrate 1285 armi, 23000 munizioni, dieci chili di esplosivo; e se calcoliamo che in genere i sequestri riguardano il 10% di ciò che effettivamente circola, dobbiamo parlare di più di 10.000 armi pronte all’uso nelle mani di giovanissimi violenti. Nelle guerre del passato, che pure avevano raggiunto un numero di morti ammazzati di gran lunga superiore a quello registrato in questi mesi, la posta in gioco non era così elevata dal punto di vista economico. Prima le faide erano concentrate in un rione, in un quartiere; oggi invece riguardano diversi quartieri di Napoli e il suo esteso hinterland, segno dello spostamento delle piazze di spaccio da Scampia e Secondigliano verso i comuni a ridosso della città partenopea. In gran parte le aree coinvolte nella guerra sono tutte degradate dal punto di vista urbanistico, economico e sociale: riguardano i rioni costruiti nel dopo terremoto dove ora si sono spostate le zone di spaccio e dove esiste un legame sociale e familiare con parte della popolazione dei quartieri abbandonati nel 1980. Quasi tutti i rioni costruiti con i fondi del terremoto sono zone a fortissima presenza criminale e a intensissima attività illegale. Se nella storia della camorra del secondo dopoguerra esisteva una frattura fisica e organizzativa tra bande di città e bande di provincia, negli ultimi tempi il traffico e lo spaccio della droga hanno fatto di alcuni quartieri di Napoli e di alcuni paesi dell’hinterland un’unica area criminale. Con un giro di affari così esteso, il numero di persone che ruotano attorno alle attività criminali è altrettanto esteso. Il lavoro criminale è svolto dalle unità familiari come un qualsiasi lavoro, dal nonno al nipote, dalla madre ai figli. Si può dunque parlare tranquillamente di camorra-massa non solo in rapporto a chi partecipa alle azioni violente ma anche in rapporto a chi vive dei traffici basati sulla violenza. In questo giro criminale c’è il milionario, il ricchissimo, il benestante e chi vive di un’entrata stabile; nessuno tra chi è all’interno del circuito criminale se la passa male dal punto di vista economico. E nessuno ne è potenzialmente escluso, le barriere di accesso sono molto basse e facilmente superabili. All’interno di questo mondo la circolazione della ricchezza è diffusa: si acquistano capi griffati, si ostentano consumi opulenti, si comprano armi, si pagano killer, si remunerano le vedette e i pali, si fittano locali per il taglio e l’imbustamento della merce, e si pratica un particolare welfare che riguarda le famiglie di coloro che sono in prigione, quelli che non possono più fare lavoro criminale diretto per limiti di età, il pagamento degli avvocati e altre attività “solidali”. Il prezzo di una dose di cocaina si è abbassato a tredici euro e così si consente un consumo anche a chi prima non poteva: i napoletani hanno inventato la droga economica e per tutti, favorendo così un consumo di massa. I grandi guadagni e la grande circolazione di ricchezza, dunque, sono dovuti non solo al commercio internazionale di droga ma alla vendita al consumo. In altre città d’Europa lo spaccio al minuto è nelle mani di immigrati o di tossicodipendenti, a Napoli e nel suo hinterland invece è nelle mani degli “indigeni”, cioè dei napoletani stessi. La frammentazione della camorra in numerosi clan, a Napoli città, è un dato strutturale, di lungo periodo, quasi congeniale al suo modo di esercitare l’attività criminale. Non c’è solo divisione per quartiere, ma spesso lo stesso quartiere vede più clan contendersi lo spazio e l’influenza, a volte una strada viene divisa a metà tra un clan e l’altro. I confini di quartiere e di rione, in una città sovraffollata come Napoli, sono indefinibili. C’è uno scarto tra dimensione territoriale ristretta e il numero elevato delle persone che delinquono. Questo stato di cose determina una spinta maggiore a pressare i cittadini estranei all’organizzazione per trarne guadagni, oppure a ottenerne il consenso coinvolgendoli nelle attività illegali, oppure a uscire dall’area ristretta del proprio rione creando così conflitti con le altre bande. Insomma la sovrappopolazione criminale incide fortemente sulle strategie delle bande di camorra e determina conflitti permanenti. Inoltre essendo Napoli una città-bazar, dove puoi trovare qualsiasi merce illegale, è molto labile il confine tra attività camorristiche e attività di delinquenza comune, alcuni clan pretendono che i criminali comuni che operano nella stessa zona da essi controllata consegnino loro la parte dei proventi dei furti, delle rapine, degli scippi, e di altre attività di strada, in particolare del settore della contraffazione. Vi è, di conseguenza, un continuo passaggio di malavitosi comuni ai gruppi camorristici, con una fluidità che non prevede barriere di accesso all’elite criminale. Proprio a causa di questa fluidità avviene spesso che appena si liberano posti nella gerarchia delle bande di camorra, i più violenti pensano di trovare quello spazio che in una camorra più organata non avrebbero trovato. Questo modello lo possiamo definire “camorra-fluida”, modello caratterizzato dal rapido avvicendamento dei capi e dunque continuamente acefalo, che mette in difficoltà le investigazioni per il turn-over frequentissimo nei vertici e per la non stabilizzazione del comando. Ed è paradossale che in una situazione del genere le forze di polizia debbano augurarsi che una gerarchia di comando si consolidi e metta ordine nel caos organizzativo che si è descritto. Se così stanno le cose, cos’è camorra e cosa non lo è? E’ difficile stabilirlo dentro modalità di agire criminale che sembrano un ibrido tra gangsterismo urbano e bande criminali giovanili. Per comodità possiamo definire bande di camorra quelle che subordinano a sé le altre forme di criminalità per la capacità permanente di usare violenza e per la forza economica dovuta al controllo di alcune piazze di spaccio di droga. Sul mercato napoletano si scontrano possibilità di fatica senza grandi guadagni e possibilità di ricchezza senza grandi fatiche. Una parte del sottoproletariato napoletano (e del suo hinterland) prima era egemone nel primo campo, oggi lo è nel secondo. Siamo di fronte a un caso unico in Europa: i sottoproletari si son integrati attraverso la ricchezza che deriva dalle attività criminali senza passare per la scuola, il lavoro, il mestiere. Sono agli ultimi gradini sociali e culturali ma ai primi per ricchezza e benessere. E’ in questo obiettivo di integrazione riuscito solo per via criminale che consiste l’insuccesso della nazione verso Napoli e di Napoli verso la nazione".

domenica 14 febbraio 2016

L'oceano Pacifico è morto


L’oceano Pacifico è morto, è svuotato di ogni vita. Ci sono solo rifiuti e barche per lapesca industriale intente a saccheggiare accuratamente quel poco che è ancora rimasto. Sta facendo il giro del mondo, sui media di lingua inglese, il racconto struggente, tragico e a suo modo poetico di un marinaio, Ivan Macfadyen (foto), che ha ripetuto la traversata del Pacifico effettuata dieci anni fa. Allora fra l’Australia e il Giappone bastava buttare la lenza per procurare pranzo e cena succulenti. Stavolta in tutto due sole prede. Dal Giappone alla California, poi, l’oceano è diventato un deserto assoluto formato da acqua e rottami. Nessun animale. Non un solo richiamo di uccelli marini. Solo il rumore del vento, delle onde e dei grossi detriti che sbattono contro la chiglia. Il racconto di Ivan Macfadyen, vecchio marinaio col cuore spezzato dopo 28 giorni di desolata navigazione nel Pacifico, è stato raccolto dall’australiano The Newcastle Heralded è stato variamente ripreso da decine e decine di testate, tutte in inglese. Macfadyen ha navigato con il suo equipaggio a bordo del Funnel Web sulla rotta Melbourne -Osaka – San Francisco. Dice di aver percorso in lungo e in largo gli oceani per moltissimi anni, dice di aver sempre visto uccelli marini che pescavano o che si posavano sulla nave per riposarsi e farsi trasportare. E poi delfini, squali, pesci, tartarughe… Stavolta nulla di tutto ciò: nulla di vivo per oltre 3.000 miglia nautiche. Unica apparizione, poco a Nord della Nuova Guinea, quella di una flotta per la pescaindustriale accanto ad una barriera corallina. Volevano solo il tonno, tiravano e ributtavano in mare – morta – ogni altra creatura marina.

martedì 9 febbraio 2016

Ma siamo sicuri che non ci sia anche qualche problema nel movimento ambientalista italiano?

Il sindaco Pescatore. Il film sulla storia di Angelo Vassallo. Con tutti i limiti che può avere un film che affronta una storia così importante, vederlo è stato molto emozionante ed esemplificativo.
Il bravo Castellitto ha fatto conoscere a milioni di persone una storia che fino ad ora, sia chiaro, aveva avuto un risalto mediatico di “nicchia”. Finalmente useremo la figura di Angelo Vassallo come termine di paragone per una buona politica, per una buona amministrazione locale. Chi non vorrebbe un sindaco come lui, che partendo dalla “semplicità” possa cambiare le nostre città, scardinando equilibri ed abitudini radicate? Non venite a dirlo a me, figlio di una città, Gragnano, che da più di 15anni non riesce ad avere un’amministrazione che completi il mandato (e magari fosse solo questo il problema).

Ma il film di ieri sera mi ha dato spunto per un’altra riflessione: quella sull’ambientalismo nostrano.
E’ vero, la maggior parte dei nostri problemi deriva troppo spesso dalla mala-politica e dalla mala-amministrazione. Ma siamo sicuri che non ci sia anche qualche problema nel movimento ambientalista italiano? 

Ad un ambientalismo campale, di azioni drastiche, magari con scioperi della fame e manifestazioni, stiamo preferendo un ambientalismo da web. Per fare un esempio, in questi mesi abbiamo assistito allo scioglimento del Corpo Forestale senza avere la forza di organizzare una manifestazione di massa che bloccasse il paese. Eppure tutti noi “ambientalisti” conosciamo il ruolo fondamentale ed imprescindibile che negli ultimi anni la Forestale ha avuto nel contrasto all’inquinamento, al bracconaggio e alle ecomafie. Negli ultimi mesi abbiamo imbastito una difesa contro le trivelle nei nostri mari, e abbiamo vinto qualche scaramuccia ma la battaglia finale ancora si deve giocare. 

Ci sono alcune cose poi che non mi quadrano: vedo associazioni di “guardie ambientali” che spuntano come funghi, con auto, jeep e attrezzatura varia, ma che poi non usano mai se non per presentarsi ai convegni (E non intervengono nemmeno se una specie rara ferita gli si presenta sotto la sede). Dobbiamo evitare di andare verso un ambientalismo fine a se stesso che non ha la forza di muovere le masse e coinvolgere veramente le persone. I passi avanti sono stati tanti in questi ultimi anni, ed in generale c’è maggiore sensibilità; ma troppo spesso, alle dichiarazioni di intento non sono seguiti i fatti. Basta leggere qualsiasi carta internazionale, dalla dichiarazione di Stoccolma in poi, per vedere che sono praticamente inefficaci ed inapplicate. In giro sono ancora troppo poche le persone che si battono concretamente per le questioni ambientali, dedicando per esse tempo ed energie.

Ancora troppo poche le forze dell’ordine ed i magistrati preparati su tali tematiche. In Parlamento le istanze ecologiche sono parzialmente rappresentate:  paghiamo ancora il dazio del fallimento  totale delle liste “verdi” degli anni ’90. Così come paghiamo le incoerenze di chi, politicamente, si spaccia per “ecologista” e poi è il primo, per esempio, a gettare le cicche di sigaretta ovunque. Dal punto di vista giuridico, dopo vari tentativi di unificare la legislazione ambientale, stiamo di nuovo cadendo nella trappola  della diversificazione delle discipline. Se non cambiamo passo, noi “attivisti convinti” e cominciamo a coinvolgere quante più persone possibile, facendo da battistrada per un cambiamento epocale, non andremo da nessuna parte. Se vogliamo ottenere veri cambiamenti solo con le petizioni on line, con i convegni o con le iniziative di pulizia non andremo da nessuna parte. 

Dobbiamo  cominciare a rischiare e a giocarci il tutto per tutto, a costo di essere totalmente controcorrente. Dobbiamo alzare il livello di “scontro”. Ogni generazione ha le sue guerre, e sperando che in futuro non ce ne siano di altre ancora più gravose, quella della mia generazione è proprio questa a tutela dell’ecosistema. A costo di mettere in secondo piano la nostra vita privata, dovremmo tutti impegnarci per cambiare questa situazione perché altrimenti lasceremo ai nostri figli un pianeta peggiore di quello che abbiamo ereditato.  

domenica 31 gennaio 2016

Valle dei Mulini è emergenza inquinamento: scarichi fognari, discariche di amianto e carogne di animali

Gragnano, Legambiente: “Valle dei Mulini, è emergenza inquinamento”(Video) Valle dei Mulini è emergenza inquinamento: scarichi fognari, discariche di amianto e carogne di animali Gragnano 30 gennaio 2016 Individuata una vera e propria discarica, costituita da sversamenti di rifiuti di ogni tipo. Una stagione con scarse piogge ha fatto retrocedere la fitta vegetazione riportando alla luce una unica immensa discarica che va dall’ingresso della Valle al borgo medievale di Castello. Dalle 8.30 alle 13.00 un gruppo di volontari ha effettuato il recupero di una parte dei rifiuti: depositi di amianto, pneumatici, pezzi di asfalto, materiale di risulta edile, carrozzeria di auto, televisori, cassette di plastica. I rifiuti sono stati raccolti tra rovi e fitta vegetazione, accumulati e poi tirati su a mano con l’ausilio di corde. Raccolti circa quindici sacchi neri di materiale indifferenziato, otto pneumatici, un monitor a tubo catodico e quattro carogne di ovini avvolte all’interno di sacchi di plastica. Allertati la polizia municipale e l’Asl, accorsi sul posto per accertamenti. La nostra associazione, il circolo Legambiente Woodwardia, dal 2011, anno della sua costituzione, svolge attività di promozione e tutela della Valle dei Mulini. Supportati dal comitato di cittadini ed associazioni “Gli Amici della Valle dei Mulini” – di cui facciamo parte – abbiamo organizzato diverse attività di pulizia e sensibilizzazione della cittadinanza. Ricordiamo le ultime due edizioni della campagna “Puliamo il Mondo” 2014 e 2015 a cui hanno partecipato centinaia di volontari. La Valle dei Mulini rappresenta un patrimonio straordinario dal punto di vista storico-archeologico e naturalistico per l’intero comprensorio. Siamo convinti che attraverso l’impegno di tutti si possa giungere alla riqualificazione del luogo. Una prova del fatto che questa nostra convinzione non sia un’utopia è ad esempio il progetto di restauro di uno degli antichi mulini, affidato in comodato d’uso al centro di cultura “Alfonso Maria Di Nola”. Tale progetto è attualmente in corso d’opera e vede la partecipazione attiva di numerosi cittadini volontari. Negli ultimi tempi abbiamo dunque partecipato al nascere di una volontà collettiva intenzionata a recuperare l’area ed il suo valore. Ciò premesso, CONSIDERATA l’incredibile situazione degli sversamenti di rifiuti osservata oggi, CONSIDERATA la presenza di almeno sette scarichi fognari provenienti dalle frazioni alte e che attualmente sversano nel torrente Vernotico RITENIAMO che si è dinanzi ad una gravissima EMERGENZA ambientale, di livello e portata nazionale. Con rammarico constatiamo che il nostro impegno per il recupero della Valle risulterà vano in assenza di una BONIFICA completa e permanente dell’area. CHIEDIAMO pertanto l’intervento della Regione Campania e del Ministero dell’Ambiente al fine di risolvere tale problematica.
COMUNICATO DEL CIRCOLO LEGAMBIENTE WOODWARDIA

martedì 26 gennaio 2016

Inquinamento marino: è ancora allarme plastica negli oceani. Secondo nuove stime, infatti, tra 35 anni gli oceani potrebbero contenere addirittura più bottiglie di plastica che pesci. L’allarme è lanciato da uno studio intitolato “The New Plastics Economy: Rethinking the future of plastics”, realizzato dal World Economic Forum in collaborazione con la Ellen MacArthur Foundation. Le proiezioni non lasciano scampo: entro il 2050 gli oceani accoglieranno più plastica che pesci. Il bello è che circa il 32% degli oggetti di plastica a livello globale sfugge ai sistemi di raccolta e viene abbandonato in natura. Un mare di spazzatura, insomma, che inonderà la Terra e non darà futuro alle catene alimentari degli oceani di tutto il mondo, che sono già da tempo a rischio crollo a causa delle emissioni di gas serra, della pesca intensiva e dell'inquinamento localizzato. Già ora, gli oceani contengono oltre 165 milioni di tonnellate di plastica, per cui, se entro il 2025 non verranno attuate strategie efficaci contro l’inquinamento marino, gli oceani conterranno 1,1 tonnellate di plastica ogni 3 tonnellate di pesce fino ad arrivare al sorpasso della plastica sui pesci. Lo studio ha analizzato il ciclo di vita della plastica scoprendo che ogni anno il 95% del packaging non viene recuperato dopo un primo breve utilizzo. È ovvio e scontato che questo “non” riciclo della plastica porta a perdite economiche, stimate tra gli 80 e i 120 miliardi di dollari all’anno. Ogni anno, almeno 8 milioni di tonnellate di plastica finiscono negli oceani. Cosa fare allora? “Occorre rivoluzionare l’industria della plastica. Il primo passo è modificare l’iter della plastica nelle nostre economie”, sostiene Dominic Waughray del World Economic Forum. Basti pensare che ad oggi soltanto il 14% degli imballaggi in plastica viene recuperato e avviato al riciclo. Si tratta di una percentuale molto bassa rispetto al tasso di riciclo della carta (a quota 58%) e alla percentuale di recupero di ferro e acciaio, compresa tra il 70 e il 90% E noi come possiamo contribuire? Non dimenticate mai di eseguire un corretto smaltimento dei rifiuti che producete in casa e ovunque voi siate. Molti dei rifiuti presenti in mare vengono proprio dai tombini e dalle fognature delle città. Limitate il consumo di plastica, prediligendo l’utilizzo di materiali biodegradabili, borse riutilizzabili di stoffa o di carta. Utilizzate sempre gli oggetti riutilizzabili e riciclati, mai gli articoli usa e getta. Se possedete una barca, scegliete di sostenere porti rispettosi dell'ambiente e segnalate eventuali discariche abusive alle autorità competenti. Donate anche parte del vostro tempo alla pulizia di mari e delle spiagge e sensibilizzate i vostri figli e chi ci sta intorno. di Germana Carillo FONTE: http://www.greenme.it

INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA 4/10450 presentata da VOZZA SALVATORE (PARTITO DEMOCRATICO DELLA SINISTRA) in data 19930203

http://dati.camera.it/ocd/aic.rdf/aic4_10450_11

Al Ministro dell'interno. - Per conoscere - premesso che: la situazione di illegalita' e corruzione nel comune di Gragnano, e' arrivata ormai a livelli insostenibili; ultimamente con provvedimento della Procura per reati che vanno dalla truffa aggravata, all'abuso d'ufficio, al falso eccetera sono stati rinviati a giudizio ben 13 tra vecchi e nuovi amministratori (tra cui l'ex Senatore Patriarca e l'attuale Presidente della Provincia di Napoli Zagaroli), insieme ad alcuni imprenditori e tecnici, in relazione alla costruzione di una scuola media realizzata in localita' parco Imperiale (Gragnano); nella richiesta di rinvio a giudizio si afferma che componenti della giunta municipale di Gragnano in concorso con gli imprenditori Apreda, vincitori dell'appalto e soci dell'ex senatore Patriarca (gia' sindaco di Gragnano e attuale consigliere comunale) abusavano del loro ufficio in piu' atti e in esecuzione di un disegno criminoso al fine di arrecare indebito vantaggio patrimoniale agli Apreda e allo stesso Patriarca; su altri episodi come quello relativo all'appalto per la costruzione di 96 alloggi (L. 219) per un importo di circa 11 miliardi, vi sarebbe ancora un contenzioso aperto per 2 miliardi; l'appalto affidato al Consorzio (COPI) Passarelli-IMEC (l'uno congiunto del Patriarca e l'altro socio, cosi' come viene affermato nella richiesta di rinvio a giuduzio n. 14827/R/91), avrebbe visto lievitare enormemente i costi dell'intervento da 7 a 11 miliardi con il ricorso ad un lodo arbitrale a cui ha fatto riscontro l'assoluta inerzia difensiva del comune di Gragnano che ha evidenziato in questo modo la volonta' di voler soccombere; risulta inoltre che alcuni consiglieri sono incompatibili perche' in rapporti d'affari con il comune quali costruttori, progettisti, nonche' beneficiari di contributi previsti dalla legge n. 219, tutto cio' in netto contrasto con quanto previsto dall'articolo 5 della legge n. 32 del 1992; il comune di Gragnano, come risulta chiaro da questi e da altri episodi, e' stato male amministrato per anni con forte sperpero di denaro pubblico determinando gia' da tempo il dissesto finanziario; la citta' di Gragnano sta vivendo una crisi acutissima sul terreno economico-sociale ed e' soffocata dal rapporto stretto che si e' realizzato tra camorra e uomini politici locali -: se risultino in corso altre inchieste da parte della Magistratura; perche' da tempo amministratori e consiglieri, incompatibili in base all'articolo 5 della legge n. 32 del 1992, non siano stati dichiarati decaduti; se non ritenga, visto i fatti gia' noti per il positivo lavoro svolto dalla Magistratura, e per i legami che sono emersi in altre inchieste come quella relativa all'USL 35 tra esponenti politici di Gragnano e la camorra (e' il caso dell'ex senatore Patriarca e dell'ex vice sindaco F. Scignano, costretto alle dimissioni dal Consiglio comunale e attualmente ancora latitante), che sussistano i motivi per sciogliere il comune di Gragnano in base alla legge n. 221 del 22 luglio 1991. (4-10450)